La nuova frontiera dell’immobiliare: quando la città si rigenera

Immaginate di poter trasformare capannoni abbandonati, vecchie caserme dismesse e centri commerciali ormai svuotati in spazi vitali, moderni e sostenibili. Questo non è un sogno, ma una realtà concreta che sta per dispiegarsi nei prossimi decenni in Italia.

Un rapporto illuminante di Scenari Immobiliari presentato a Roma durante il convegno “Future Cities” rivela un dato sorprendente: entro il 2050, ben 855 chilometri quadrati di territorio italiano potranno essere rigenerati. Stiamo parlando di un’area vastissima, pari al 4,1% dell’intera superficie urbanizzata nazionale, con la possibilità di realizzare 320 milioni di metri quadrati di nuove superfici immobiliari.

Ma i numeri raccontano solo una parte della storia, detro questi dati c’è una visione rivoluzionaria del modo in cui pensiamo e viviamo gli spazi urbani. La rigenerazione urbana non è semplicemente un processo di recupero edilizio, è un vero e proprio rinascimento sociale ed economico.

Le proiezioni economiche sono estremamente allettanti: 660 miliardi di euro di fatturato industriale in 26 anni e ricadute economiche e sociali che sfiorano i 1.240 miliardi di euro. Per lo Stato, significa un gettito aggiuntivo che oscillerà tra i 17,5 e i 26 miliardi di euro annui. Un tesoretto che potrebbe rilanciare interi territori.

Già nel 2024, i primi semi di questa trasformazione sono stati piantati: quasi 33 chilometri quadrati di territorio sono già interessati da progetti di rigenerazione, con un valore aggiunto immobiliare superiore a 15 miliardi di euro. Il fenomeno, purtroppo, non è uniforme: gli interventi si concentrano in aree specifiche, disegnando una mappa della rinascita urbana italiana.

Nel Nord-Est, città come Milano, Venezia, Reggio Emilia e Rimini sono all’avanguardia: al Sud, un triangolo che abbraccia Puglia e Campania vede Napoli, Foggia, Lecce e Taranto come protagoniste di questa rivoluzione; altre città come Torino, Trento, Trieste, Genova, Firenze, Roma e Cagliari stanno seguendo questo percorso.

Mario Breglia, presidente di Scenari Immobiliari, è chiaro: “Questi interventi non riguardano solo il patrimonio immobiliare. Significa avere un’attenzione profonda alla componente umana e ambientale già presente sul territorio”. Non si tratta di costruire ex novo, ma di ricucire, rigenerare, dare nuova vita.

Massimiliano Morrone di UnipolSai aggiunge una prospettiva cruciale: “La vera sfida è nella collaborazione tra soggetti pubblici e privati e nello sviluppo di reti infrastrutturali moderne”. Un esempio concreto? L’area Stephenson a Milano, dove in soli 10 anni sono stati costruiti mezzo milione di metri quadrati con funzioni miste, dall’ospedale all’università.

Eppure, proprio mentre questo potenziale straordinario si sta dispiegando, la Legge di Bilancio 2025 prevede tagli lineari di 800 milioni ai Pinqua (Programma innovativo per la qualità dell’abitare) e altrettanti per i programmi di riqualificazione delle periferie degradate.

Il rischio riguarda i territori più vulnerabili – il Sud, le Isole, gran parte della Liguria, Valle d’Aosta e la dorsale appenninica – potrebbero essere esclusi da questi processi di trasformazione, soprattutto per mancanza di capitali privati.

La rigenerazione urbana è molto più di un trend immobiliare: è una visione di futuro; è la capacità di guardare alle nostre città non come sono, ma come potrebbero essere: spazi dinamici, sostenibili, che rispondono alle esigenze di comunità sempre più complesse e interconnesse.

Un’opportunità concreta per ripensare e rilanciare gli spazi urbani, con uno sguardo al futuro sostenibile e innovativo.

 

Fonte:  Laura Cavestri, Rigenerazione Urbana, Il Sole 24 Ore del 28/11/2024



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